Paul Klee e l’arte infantile

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Dal 26 giugno all’11 settembre prossimo, al Museo Archeologico Regionale di Aosta, sono esposte le 120 opere del celebre artista elvetico Paul Klee che raccontano la sua visione dell’infanzia. La mostra si intitola Eiapopeia. L’infanzia nell’opera di Paul Klee.

Dipinti, tecniche miste, disegni (gran parte mai esposti prima in Italia) provenienti dal Zentrum Paul Klee di Berna (dove successivamente si sposterà l’esposizione) che si completa con un nucleo di opere gravitanti intorno alla Fondazione Mazzotta e ad amici collezionisti. I lavori esposti si sviluppano dal 1883, quando Klee bambino realizza i suoi primi schizzi, sino al 1940, anno della sua scomparsa.

L’arte infantile, argomento raramente trattato dagli artisti europei , ha probabilmente una data d’inizio: il 1902. È in quel momento che l’artista, ventitreenne, riscopre casualmente i propri disegni d’infanzia conservati nella soffitta della casa di famiglia. In una lettera alla fidanzata definisce quei disegni, che aveva realizzato fra i tra tre e i dieci anni, come la cosa più significativa fatta fino a quel momento. “I signori critici – scrive Klee – dicono spesso che i miei quadri assomigliano agli scarabocchi dei bambini. Potesse essere davvero così! I quadri che mio figlio Felix ha dipinto sono migliori dei miei. Vorrei essere come appena nato, ignorare i poeti e le mode, essere quasi primitivo.”

Sopra, proprio una delle opere più interessanti: una delle marionette realizzate da Paul Klee per il figlio Felix. La mostra (nel titolo il termine “eiapopeia” evoca la ninna-nanna, ma anche la fantasia e la libertà espressiva) è introdotta da un disegno eseguito da Klee all’età di quattro anni, intitolato Bambin Gesù (sopra), e si conclude con una composizione del 1940, Uomo e albero, dove l’artista, con piena consapevolezza, tende ancora verso forme elementari mantenendo intatta l’ispirazione infantile. Il segno dell’infanzia consente di andare oltre ogni forma di convenzione culturale per giungere a uno dei concetti base della sua ricerca: “l’arte non ripete le cose visibili, ma rende visibile”.

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